Nelle mappe di Israele, la città della Spezia è indicata come “Porta di Sion”, il perché di questo nome sta in una storia tramandata di generazione in generazione.
Eppure qui a Spezia non tutti conosciamo la storia della missione Exodus, che vide la nostra città e i suoi abitanti protagonisti di un importante passaggio della storia, oggi a rischio di essere dimenticata.
Ieri DoinItaly ha incontrato al Molo Pagliari Orli Bach, nipote del leggendario comandante Arazi, che nel 1946 guidò con coraggio la Missione Exodus, operazione clandestina che permise a molti profughi ebrei scampati ai campi nazisti e provenienti da tutta Europa di salpare dalla Spezia alla volta di Israele. Un momento che vide la nostra città e i suoi abitanti coraggiosi protagonisti di un importante momento storico.
Eppure non tutti conoscono questo affascinante racconto da tempo testimoniato con passione dal gruppo Samuel, e che oggi rischia di essere dimenticato a causa della presenza sempre più importante del porto commerciale alla Spezia, a causa di un cantiere navale in costruzione proprio al Molo Pagliari, che nasconderà forse per sempre la lapide a ricordo della partenza delle navi Fede e Fenice.
Le esigenze di sviluppo del porto contrastano quelle della memoria, in un corso e ricorso storico a cui sembra destinata la nostra città. Potrebbe tuttavia non essere sempre così.
Il Comandante Yehuda Arazi, conosciuto con diversi pseudonimi e costretto a celarsi sotto false spoglie, racconta la nipote, guidava l’Istituto per l’emigrazione illegale sorto nel 1938. Il caso internazionale del maggio 1946, il cui epicentro fu proprio il porto della Spezia, vide le imbarcazioni Fede e Fenice preparate a trasportare 1.014 profughi.
La Gran Bretagna, forza occupatrice, regolamentava l’afflusso controllato dei sopravvissuti in Palestina, indicato in 75.000 ebrei da rimpatriare in cinque anni. Ma tale numero si rivelò decisamente insufficiente: l’Europa rifiutava gli ebrei di ritorno dai campi di sterminio, già vittime di un forte senso di straniamento, e ciò aumentò il desiderio della comunità ebraica di andare verso la terra promessa. Arazi radunò così il flusso migratorio verso i porti italiani, in particolare in quello spezzino, presso il quale la comunità ebraica, ferma sulle banchine per settimane, ricevette, dopo un primo sospettoso approccio, forte solidarietà dagli spezzini.